SANZIONI CORONAVIRUS: Verifica se la multa elevata è illegittima
Stanno arrivando ai nostri sportelli dell’Unione Nazionale Consumatori di Pomezia molte segnalazioni da parte di cittadini che hanno ricevuto la notifica di multe per gli spostamenti, presunti “illegittimi”, durante questo periodo di coronavirus.
E’ bene sapere che contro le multe comminate in queste settimane di limitazioni degli spostamenti si può ricorrere, previa verifica, chiedendo l’annullamento del verbale e l’archiviazione di ogni sanzione pecuniaria.
LE MULTE COMMINATE, QUALCHE ESEMPIO “INGIUSTO”
Con verbale redatto in data 25 aprile 2020 e notificato alla stessa data è stata contestata dalle Forze dell’Ordine, ad un padre che cercava un farmaco per il figlio di 3 mesi la violazione dell’allontanamento dal proprio domicilio a piedi senza un motivo di necessità ritenuto attendibile in violazione al Decreto-legge n. 19 del 25 marzo 2020 articolo 2 comma 2 lettera a).
Per effetto della medesima norma si è anche elevato verbale nei confronti di un cittadino che aveva superato di poco il limite massimo di distanza consentito dal proprio domicilio per la passeggiata serale con il proprio cane.
Non sono stati nemmeno rari i fermi di persone che si recavano all’edicola, attività peraltro dichiarata essenziale dalle norme restrittive del su citato Decreto-legge.
Molteplici i casi segnalati nei quali l’applicazione della norma restrittiva è apparsa assolutamente rigida e contestabile. È stato elevato verbale anche a chi si recava in ospedale a riprendere la moglie infermiera, a chi passeggiava non distante dal proprio domicilio, a un rider in bicicletta che lavorava. È stata addirittura interrotta la celebrazione di una Santa Messa.
Il problema è stato creato da una normativa che è stata resa confusa e contraddittoria dai troppi DPCM per l’urgenza di emanare provvedimenti, risultati poi di difficile interpretazione per tutti.
E anche nel caso fosse stato necessario limitare diritti costituzionali, si sarebbe dovuta garantire comunque la certezza del diritto senza affidarne l’interpretazione, in modo peraltro frammentato, a soggetti attuatori o deputati alla sorveglianza, apprestando strumenti di controllo anche giurisdizionale (cioè con Provvedimento del Giudice) su attività di sorveglianza e controllo esperite di converso di autorità.
In conclusione le multe, seppure accettate perché inserite in un provvedimento volto a tutelare la salute pubblica, sono a poco a poco divenute intollerabili perché gravemente restrittive della libertà personale.
E proprio riflettendo sui troppi episodi accaduti che ora il cittadino, se vorrà, potrà tutelarsi attraverso gli strumenti che la legge offre.
Autori: Avv. Luca Marchese (cell. 388 7982156) e Avv. Daniele Autieri Resp. dell’UNC sede di Pomezia (Cell. 3299693762 – tel. 069122006)
PER MAGGIORI APPROFONDIMENTI SUL PUNTO
L’AUTOCERTIFICAZIONE E IL FERMO DA PARTE DELLE FORZE DELL’ORDINE
Secondo il Decreto n. 19 del 25 marzo 2020 lo spostamento effettuato dalla persona deve essere realmente supportato da un’idonea motivazione (lavoro, situazioni di necessità, salute, conforme alla Direttiva 8.3.2020, n. 14606).
Diversamente male interpretando la norma, “la motivazione in ordine allo spostamento” viene richiesta dall’Autorità con la produzione di un’autodichiarazione, reperibile sul portale del Ministero dell’Interno (allo stato ne sono state varate almeno 5).
Infatti, in caso di fermo, le Forze dell’Ordine chiedono perché ci si sta spostando unitamente all’autocertificazione.
Secondo le leggi vigenti le Forze dell’Ordine dovrebbero invece:
- chiedere alle persone di identificarsi;
- chiedere di esibire un documento;
- fornire il motivo del fermo;
- non richiedere l’autocertificazione.
L’autocertificazione è, infatti, su base volontaria secondo l’art.46 e 47 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445 e non può essere coercitiva e, soprattutto, non può essere resa attraverso la compilazione dei moduli appositamente predisposti in dotazione agli operatori delle Forze di polizia e della Forza pubblica.
Con l’autocertificazione, in sostanza, si chiede al cittadino di esercitare il proprio diritto di difesa al momento della contestazione, in sostanziale violazione dell’Art. 24 Cost. e delle garanzie procedimentali di legge.
Da ultimo è bene evidenziare che comunque l’autodichiarazione può essere ben superata con una falsa autocertificazione. E ciò accade molto spesso.
COME NASCE LA LIMITAZIONE ALLA CIRCOLAZIONE IN RAGIONE DELLO “STATO DI EMERGENZA”
Come noto, con una delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 il Governo ha dichiarato lo “stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario” connesso all’insorgenza del coronavirus.
Ma la nostra Costituzione non conosce alcuno “stato di emergenza”, prevedendo solo lo “stato di guerra” (che, art. 78 Costituzione, va deliberato dal Parlamento e dichiarato dal Presidente della Repubblica). Invero, la delibera del Consiglio dei Ministri invoca una legge ordinaria, segnatamente gli artt. 7 e 24 del D. Lgs. 02/01/2018 n. 1 – codice della protezione civile).
Questa legge, pur non contemplando il caso di pandemie, consente di emanare ordinanze di protezione civile in ambiti del tutto diversi da quelli oggetto delle misure inserite nel Decreto e comunque “nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e dell’Unione Europea”, dunque senza autorizzare chicchessia a comprimere libertà costituzionali che solo la legge (e in casi limitati) può comprimere.
Il Governo si è anche appoggiato alla pronuncia dell’OMS per giustificare lo “stato di emergenza”. Sta di fatto che lo stato di emergenza è stato dichiarato unicamente dall’organo esecutivo, senza alcun vaglio parlamentare e in un completo vuoto costituzionale.
Il successivo Decreto Legge n 19 del 25 marzo 2020 articolo 2 comma 2 lettera a. ha poi arricchito la lista delle misure precedentemente contenute nel D.L. n. 6/2020 prevedendo in totale 29 misure [art. 1 comma 2, lett. a] con impatto sulle persone fisiche e in special modo sulla limitazione della circolazione delle persone, con precisi vincoli alla possibilità di allontanarsi dalla propria residenza, domicilio o dimora, fatti salvi spostamenti individuali limitati per esigenze lavorative, situazioni di necessità o urgenza, motivi di salute o altre specifiche ragioni.
Ma a ben vedere il decreto-legge, contiene misure restrittive della libertà personale non per tutti ma solo per chi ha avuto contatti con contagiati o proveniva da zone a rischio ponendo gli stessi in quarantena obbligatoria
Il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora è quindi destinato alle persone sottoposte alla quarantena o su persone risultate positive al virus.
E comunque i verbali elevati dalle Forze dell’Ordine sono riconducibili ad una fattispecie assolutamente molto diversa quale è la libertà di circolazione.
L’attuazione di provvedimenti restrittivi con limitazioni delle libertà costituzionali, l’uso di meccanismi di sorveglianza peraltro eseguite con dispiego di mezzi e risorse vistosamente sproporzionate rispetto all’obiettivo (si pensi, tra i tanti, all’inseguimento di un runner con drone e poliziotti o alla signora multata perché sedeva – da sola – su panchina a 200 metri da casa) avrebbero dovuto essere attuati nel rispetto dei diritti della persona e del principio di proporzionalità.
Gli stessi possono considerarsi veri e propri abusi nell’attività di sorveglianza realizzata.
IMPORTO DELLA SANZIONE (“MULTA”) AMMINISTRATIVA
Il decreto del 25 marzo ha depenalizzato tutte le violazioni sino allora contestate, fissando una sanzione di 200 euro.
Pertanto, se una persona è stata fermata lontano da casa a correre o per altro motivo ritenuto non congruo, la violazione non va intesa come reato ma solo punibile tramite sanzione amministrativa. Per le infrazioni commesse dal 26 marzo in poi, la sanzione amministrativa è stata fissata tra i 400 e i 3.000 euro con lo sconto del 30% se si paga nei 30 giorni.
Come detto però e in analogia alle multe automobilistiche, se si è convinti delle proprie ragioni si può fare ricorso nei confronti di chi ci ha fatto la multa.
Pur ritenendo auspicabile un generalizzato condono delle sanzioni, la paura di sbagliare imperversa da mesi e tutti chiedono informazioni volendo essere rassicurati sui comportamenti da tenere, sulla interpretazione dei DPCM emanati e sui relativi rischi a cui si incorre se si impatta nelle diverse pattuglie delle Forze dell’Ordine.
Se ritenete di essere stati raggiunti da un provvedimento presunto illegittimo, potete rivolgervi allo sportello dell’UNIONE NAZIONALE CONSUMATORI, sede di Pomezia, Via Roma n. 7, per far verificare dai nostri esperti se sussista la possibilità o meno di inoltrare un valido ricorso avverso la sanzione pecuniaria.
Autori: Avv. Luca Marchese (cell. 388 7982156) e Avv. Daniele Autieri Resp. dell’UNC sede di Pomezia (Cell. 3299693762 – tel. 069122006)