Prezzi: cosa sta succedendo tra rincari e annunci di razionamenti
E’ una fase delicata tra le conseguenze di due anni di pandemia e la guerra in Ucraina. Il primo effetto lo vediamo con l’aumento dei prezzi, ma in questo momento è importante restare razionali e non inseguire le fake news che spopolano sul web, insieme alle le false previsioni di chi prevede rialzi improbabili e catastrofici. Iniziamo a chiarire che non esiste alcun rischio di restare senza prodotti alimentari e non c’è bisogno di fare incetta di nulla.
Ad esempio, la pasta è aumentata di prezzo, come rilevato dall’Istat, ma non certo per la guerra in Ucraina, visto che Russia e Ucraina soddisfano appena il 2,3% dell’export mondiale di frumento duro, quello con cui si fa la pasta, e il commercio con l’Italia è praticamente inesistente. La ragione principale dipende, invece, dal calo dell’import dal Canada, sceso del 59,6% nel 2021 per via della siccità e che l’Ismea ha evidenziato già da agosto 2021.
Ma cosa può fare il consumatore per difendersi da speculazioni e aumento dei prezzi?
Aumento dei prezzi, a chi denunciare?
Se il consumatore si accorge di un aumento ingiustificato dei prezzi può segnalarlo a Mr Prezzi, l’Autorità che ha il compito specifico di contrastare le speculazioni, ma anche allo sportello dell’Autorità Antitrust (sul loro sito agcm.it è disponibile un modulo). E’, infatti, scorretta la pratica di sfruttare indebitamente il condizionamento derivante dalla paura di un escalation del conflitto e delle possibili conseguenze sulle importazioni dalla Russia (che comporterebbero ulteriori futuri rincari), per vendere a prezzi non giustificati da costi, in tal modo inducendo i consumatori ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbero altrimenti preso, quella appunto di rifornirsi anche da chi ha praticato rialzi anomali.
Tuttavia è bene ricordare che purtroppo la mancanza di una definizione di prezzo anomalo rende necessario dimostrare che anche l’indebito condizionamento economico del consumatore.
Intanto la cosa migliore è non acquistare i beni rincarati e provare a cambiare:
- marca
- supermercato
- esercizio (negozi, discount, mercati, supermercati, on line)
Come si riconosce un prezzo speculativo?
Oggi ci sono limiti stringenti a vendere sottocosto, ma nessun tetto a rincari anche se abnormi o eccezionali. Nemmeno in piena pandemia, contro le migliaia di speculazioni sui prezzi delle mascherine o sui gel disinfettanti, nonostante si sfruttasse la paura del contagio, si è riusciti a intervenire, mancando in Italia, come detto, una definizione di “prezzo anomalo”. L’Antitrust è intervenuta con un unico provvedimento a carico di un singolo farmacista che aveva fatto un ricarico pari al 148,8%, considerando un indebito condizionamento del consumatore approfittare del timore del contagio per alzare i prezzi (Provvedimento n. 29636, Bollettino n. 18 del 3/5/2021). Da allora, però, nonostante le nostre denunce, la stessa Autorità si è subito “arresa”, archiviando tutte le altre segnalazioni sugli aumenti di beni di prima necessità durante le prime fasi del lockdown (Bollettino n. 26 del 28/06/2021).
Insomma, con l’attuale contesto normativo, in Italia, le istituzioni di controllo non sono in grado di impedire speculazioni dovute a ricarichi eccessivi e anomali, nemmeno durante un’emergenza come la pandemia. Per questo, anche recentemente, nel corso della nostra audizione in Senato sul “DDL Concorrenza” abbiamo insistito perché sua la legge a fissare criteri in modo che, oltre una certa percentuale di ricarico, osservata in concomitanza di particolari eventi, come ad esempio scioperi dei trasporti, maltempo o conflitti, si possa realmente intervenire sanzionando gli aumenti speculativi come pratica commerciale scorretta.
Ci aspettano ulteriori aumenti dei prezzi?
La riduzione dell’offerta di alcune specifiche materie prime per le quali era alto l’import da Russia e Ucraina potrebbe determinare degli aumenti solo se l’Italia non saprà rivolgersi in tempo ad altri Paesi aumentando l’import da questi.
Siano chiare, comunque tre cose:
- qualunque aumento attribuito oggi alla guerra è falso e nasconde solo una speculazione. Da qui la nostra denuncia alla Procura e all’Autorità Antitrust contro gli speculatori.
- prima che i problemi dal lato dell’offerta si trasferiscano sul prezzo finale serve tempo. Ad esempio i cattivi raccolti del grano duro in Canada (denunciato dall’Ismea in agosto) ha avuto ripercussioni graduali sulla pasta che progressivamente hanno portato a febbraio, dopo ben 6 mesi, a un rialzo del 14,6%.
- la materia prima incide solo in minima parte sul prezzo del bene finale. Ad esempio il grano tenero incide solo per il 10% sul prezzo finale del pane: quindi se anche grano tenero salisse del 50%, il pane dovrebbe aumentare solo del 5%.
A proposito di farina e pane, ricordiamo che solo il 5% dell’import italiano viene da Ucraina (7° fornitore per Italia) e l’1% dell’import dalla Russia, in totale, dunque da questi due Paesi importiamo appena il 6% del nostro fabbisogno! Il primo importatore italiano è l’Ungheria (23% dell’import), poi Francia, Austria, Germania. Croazia.
Insomma chi aumenta la farina e il pane con la scusa della guerra, sta speculando: andate a comprare il pane altrove!
Autore: Mauro Antonelli