Bolletta di acqua, luce e gas: consumi, contestazione, contatore malfuzionante, onere della prova.
Nei contratti di somministrazione di utenze in cui i consumi sono calcolati mediante un contatore, al sistema di lettura a contatore è riconosciuto il valore di una presunzione semplice di veridicità, che può essere smentita con qualsiasi mezzo di prova.
In caso di contestazione dei consumi da parte dell’utente, come si riparte l’onere della prova tra fruitore e fornitore?
A questa domanda risponde la Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con la sentenza 22 novembre 2016, n. 23699.
Ad un utente veniva notificato decreto ingiuntivo per fattura di pagamento in relazione a consumi idrici, non pagata, al quale seguiva opposizione, nella quale riteneva, tra le altre ragioni, che fosse stato ivi riportato un consumo eccessivo. Tribunale e Corte d’Appello respingevano la sua domanda oppositrice. L’utente ricorreva in Cassazione.
La decisione
La fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass. n. 5915 del 2011). Questo principio si deve coordinare, nel caso di contratti di somministrazione di utenze in cui i consumi sono contabilizzati mediante un contatore, con il valore di attendibilità riconosciuto dall’ordinamento al sistema di lettura a contatore.
La Corte di Cassazione ha avuto modo più volte di affermare, in particolare in relazione ai contratti di abbonamento telefonico, che essi hanno la struttura del contratto per adesione di stampo privatistico, pur se integrato da norme speciali (che prevedono il sistema delle tariffe a contatore per la contabilizzazione del traffico) e norme regolamentari (che prevedono la regola della contabilizzazione a contatore centrale), che riconoscono al sistema di lettura a contatore il valore di una presunzione semplice di veridicità, che può essere smentita con qualsiasi mezzo di prova. Si è pertanto affermato che il rapporto di utenza telefonica (ma lo stesso principio è richiamabile a proposito dell’utenza idrica) costituisce, secondo i dettami della Corte Cost. n. 546 del 1994 e della Corte Cost. n. 1104 del 1998, un servizio pubblico essenziale, soggetto tuttavia al regime contrattuale di diritto comune ed alle relative regole di adempimento e di prestazioni secondo buona fede.
Il contratto di abbonamento telefonico è stato quindi qualificato come contratto per adesione di natura privata, pur se integrato da norme speciali (che prevedono il sistema delle tariffe a contatore per la contabilizzazione del traffico) e norme regolamentari (che prevedono le regole della contabilizzazione a contatore centrale), le quali non impediscono all’utente di superare la presunzione di veridicità della contabilizzazione dimostrando, con prova libera, anche orale, che il consumo reale è inferiore a quello indicato nella fattura, in quanto la bolletta è atto unilaterale di natura meramente contabile.
D’altronde, l’obbligo regolamentare (art. 12 D.M. n. 484 del 1988) del gestore di effettuare addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non può risolversi in un privilegio probatorio, basato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, incombendo al detto gestore dimostrare sia la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura, mediante la documentazione del traffico telefonico relativo all’utenza, mentre l’utente ben può, in difetto, esercitare il proprio diritto di contestazione e controllo, con prova libera a carattere anche presuntivo ed orale sulle circostanze del normale esercizio dell’utenza e dell’impossibilità che terzi ne abbiano fatto un uso anomalo (come avviene nel caso di domestici infedeli, cfr. Cass. n. 17041 del 2002).
Il principio è risalente e riviene da Cass. n. 10313 del 2004, che ha ribadito, in tema di riparto dell’onere probatorio, che l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l’utente conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta, senza che spieghi, all’uopo, influenza la scelta dell’utente di non chiedere il controllo del traffico telefonico, richiesta funzionale, in concreto, al conseguimento di finalità differenti.
Può quindi affermarsi che, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità.
In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, grava sul somministrante l’onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell’impianto ovvero di aver diligentemente vigilato affinchè eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore ovvero determinare un incremento dei consumi; deriva da quanto precede che non può addebitarsi al somministrato la mancata prova dell’inesattezza dei calcoli eseguiti dal somministrante, nonchè non può ricadere sul fruitore della prestazione l’impossibilità di fornire la prova tecnica del corretto funzionamento del contatore.
(Fonte: Altalex, 16 marzo 2017. Nota di Carmine Lattarulo)
Cassazione Civile, sez. III, sentenza 22/11/2016 n° 23699
Massima
In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, grava sul somministrante l’onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore ovvero determinare un incremento dei consumi.
Sentenza
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 12 maggio – 22 novembre 2016, n. 23699
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI AMATO Sergio – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21238-2013 proposto da:
G.S. & C SNC, (OMISSIS), in p.l.r.p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ISOLA CAPO VERDE 26 – OSTIA, presso lo studio dell’avvocato ALFONSO DI BENEDETTO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
SII SERVIZIO IDRICO INTEGRATO SCPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 153/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 30/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/05/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;
udito l’Avvocato ANDREA REGGIO D’ACI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso anche ex art. 366 c.p.c. e statuizione sul C.U.
Svolgimento del processo
La G.S. & amp; C. s.a.s. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo n. 175/2009 emesso dal Tribunale di Terni su istanza de “Il Servizio Idrico Integrato s.c.p.a. (d’ora innanzi, SII), con il quale le veniva ingiunto il pagamento di una somma relativa ad alcune fatture emesse in relazione a consumi idrici, affermando che alcune delle fatture richiamate nel decreto ingiuntivo erano state regolarmente pagate, e che in altre fosse riportato un consumo eccessivo, conseguente ad una ricontabilizzazione a suo danno di consumi precedenti successiva al cambio di contatore.
Il giudice di prime cure, con sentenza n. 420/2012, rigettava l’opposizione pur decurtando dall’importo del debito le fatture già pagate e condannava l’opponente alla refusione delle spese del giudizio.
Avverso tale sentenza proponeva appello la G.S. & amp; C. s.a.s. (d’ora innanzi, G.), lamentando la violazione delle regole sulla ripartizione dell’onere della prova e carenze istruttorie.
La Corte d’Appello di Perugia respingeva l’appello, confermando la sentenza di primo grado e condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali.
La G. propone tre motivi di ricorso nei confronti della SII Servizio Idrico Integrato s.c.p.a. per la cassazione della sentenza n. 153/2013, depositata dalla Corte d’Appello di Perugia in data 30.04.2013, non notificata.
La società intimata non ha svolto in questa sede attività difensiva.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, la G. deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c. , n. 3 e n. 5, in relazione all’art. 1460 c.c.
Lamenta la ricorrente che la Corte territoriale, confermando la statuizione resa dal giudice di primo grado, si sarebbe limitata a far riferimento a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il contratto di somministrazione comporta una presunzione di veridicità degli addebiti, legati ai consumi riportati nelle fatture, senza tener conto degli effetti dell’eccezione di inadempimento formulata dal somministrato, alla stregua della quale sarebbe stato onere del creditore dimostrare innanzitutto il regolare funzionamento del contatore e l’effettivo consumo addebitato all’utente sulla base di prove tecniche.
Con il secondo motivo, si denunzia l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c. , n. 3 e n. 5, in relazione all’art. 2697 c.c.
Lamenta la ricorrente che i giudici di merito avrebbero ritenuto provato il credito prospettato dal soggetto somministrante (odierna controricorrente) esclusivamente sulla base delle fatture, che costituiscono prova idonea nella sola fase monitoria e non più, se contestate, nella successiva fase a cognizione piena, e quindi senza che fosse stata fornita una valida prova del credito vantato. Puntualizzano che i consumi effettivi erano quelli riportati dal primo contatore, sul quale non erano più effettuabili riscontri tecnici per fatto e colpa della società somministrante, che sostituì il contatore per poi eliminarlo, sull’assunto del suo malfunzionamento, inaudita altera parte.
Con il terzo motivo, si deduce l’illegittimità della sentenza ai sensi dell’art. 360, n. 3 e n. 5, in relazione all’art. 1375 c.c. e all’art. 166 c.p.c.
Lamenta la ricorrente che, sebbene la lettura del misuratore dell’acqua fosse sempre avvenuta in assenza di contraddittorio con la ricorrente e senza regolarità periodica, e da ultimo il contatore fosse stato sostituito unilateralmente dalla società erogatrice in tal modo impedendo al consumatore di verificarne l’effettivo funzionamento anche nel corso del giudizio di opposizione, la Corte d’Appello di Perugia l’avrebbe ugualmente ritenuta “strumento idoneo a fornire la prova del credito”, in violazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto di cui all’art. 1375 c.c.
Il primo motivo di ricorso è infondato, il secondo è fondato e va accolto. Il terzo motivo risulta assorbito dall’accoglimento del secondo.
Innanzitutto, è necessario richiamare, per delineare correttamente le questioni giuridiche sottoposte all’attenzione della Corte, gli elementi di fatto caratterizzanti la fattispecie concreta, per verificare se, in relazione ad essa, la corte d’appello abbia fatto corretto uso dei principi in tema di ripartizione dell’onere probatorio in relazione ad un contratto di somministrazione, laddove il fruitore di una somministrazione lamenti l’addebito in fattura di consumi per prestazioni non erogate, o erogate in misura inferiore rispetto a quanto risultante dalla fattura.
Nel caso di specie, secondo quanto emerge dal ricorso e dalla sentenza impugnata, vi è stato un subentro nella fruizione di una utenza idrica (in data 3.11.2006), in cui il precedente fruitore e il subentrante hanno sottoscritto, com’è d’uso, un verbale in cui era trascritta la lettura finale del contatore, riportante i mc consumati fino al momento del subentro (conformi peraltro a quelli indicati nella prima fattura giunta al subentrante dopo il subentro). Dopo qualche mese (in data 27.4.2007) la società somministrante provvedeva a sostituire il contatore dei consumi idrici sostenendone un malfunzionamento in favore del cliente in quanto sottostimava i consumi, autonomamente e senza contraddittorio con lo stesso, ed in seguito a ciò nelle fatture successive (contenenti anche alcuni errori contabili e duplicazioni poi rettificati ed eliminati in corso di giudizio) vennero ricontabilizzati anche i consumi del periodo precedente alla sostituzione, in misura superiore a quella contabilizzata dal precedente contatore. Per questi motivi le fatture sono state opposte.
Le fatture sulla base delle quali è stato emesso il decreto ingiuntivo che ha dato origine alla causa sono state emesse quindi in una situazione in cui il consumo effettivo come rilevato dal precedente contatore, e il funzionamento o meno dello stesso, non più disponibile, non erano più verificabili.
Il ricalcolo dei precedenti consumi in danno dell’utente è precisamente uno dei motivi di appello, e la legittimità del metodo e della verificabilità di tale ricalcolo, ai fini di ritenere provato o meno il maggior consumo addebitato, è stata dedotta come motivo di violazione di legge in questa sede.
Così ricostruiti i fatti salienti al fine di meglio poter verificare la corretta applicazione alla fattispecie da parte della corte d’appello delle norme indicate come violate dal ricorrente, va detto, quanto al primo motivo di ricorso, che esso appare infondato e non centrato sulla fattispecie in esame, in quanto nella specie non si discute di un mancato o parziale inadempimento da parte di SII, ma di una pretesa della medesima società che, per le considerazioni che seguono, avrebbe dovuto fornirne la relativa prova.
Il secondo motivo appare invece fondato nei termini che seguono, in quanto l’applicazione al caso di specie delle norme richiamate e dei principi giurisprudenziali elaborati da questa Corte in relazione alla ripartizione dell’onere probatorio nei contratti di somministrazione operata dalla corte d’appello nella decisione impugnata è solo in parte condivisibile.
Da un lato, è principio consolidato quello per cui la fattura è titolo idoneo per l’emissione di un decreto ingiuntivo in favore di chi l’ha emessa, ma nell’eventuale giudizio di opposizione la stessa non costituisce prova dell’esistenza del credito, che dovrà essere dimostrato con gli ordinari mezzi di prova dall’opposto (Cass. n. 5915 del 2011).
Questo principio si deve coordinare, nel caso di contratti di somministrazione di utenze in cui i consumi sono contabilizzati mediante un contatore, con il valore di attendibilità riconosciuto dall’ordinamento al sistema di lettura a contatore.
Questa Corte ha avuto modo più volte di affermare, in particolare in relazione ai contratti di abbonamento telefonico, che essi hanno la struttura del contratto per adesione di stampo privatistico, pur se integrato da norme speciali (che prevedono il sistema delle tariffe a contatore per la contabilizzazione del traffico) e norme regolamentari (che prevedono la regola della contabilizzazione a contatore centrale), che riconoscono al sistema di lettura a contatore il valore di una presunzione semplice di veridicità, che può essere smentita con qualsiasi mezzo di prova.
Si è pertanto affermato che il rapporto di utenza telefonica (ma lo stesso principio è richiamabile a proposito dell’utenza idrica) costituisce, secondo i dettami della Corte Cost. n. 546 del 1994 e della Corte Cost. n. 1104 del 1998, un servizio pubblico essenziale, soggetto tuttavia al regime contrattuale di diritto comune ed alle relative regole di adempimento e di prestazioni secondo buona fede.
Il contratto di abbonamento telefonico è stato quindi qualificato come contratto per adesione di natura privata, pur se integrato da norme speciali (che prevedono il sistema delle tariffe a contatore per la contabilizzazione del traffico) e norme regolamentari (che prevedono le regole della contabilizzazione a contatore centrale), le quali non impediscono all’utente di superare la presunzione di veridicità della contabilizzazione dimostrando, con prova libera, anche orale, che il consumo reale è inferiore a quello indicato nella fattura, in quanto la bolletta è atto unilaterale di natura meramente contabile, nè l’obbligo regolamentare ( D.M. n. 484 del 1988, art. 12) del gestore di effettuare addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale può risolversi in un privilegio probatorio, basato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, incombendo al detto gestore dimostrare sia la corrispondenza tra il dato fornito dal contatore e il dato trascritto nella fattura, mediante la documentazione del traffico telefonico relativo all’utenza, mentre l’utente ben può, in difetto, esercitare il proprio diritto di contestazione e controllo, con prova libera a carattere anche presuntivo ed orale sulle circostanze del normale esercizio dell’utenza e dell’impossibilità che terzi ne abbiano fatto un uso anomalo (come avviene nel caso di domestici infedeli)(v. Cass. n. 17041 del 2002).
Il principio è stato poi ripreso da Cass. n. 10313 del 2004, che ha ribadito, in tema di riparto dell’onere probatorio, che l’obbligo del gestore di effettuare gli addebiti di traffico sulla base delle indicazioni del contatore centrale non si può risolvere in un privilegio probatorio fondato sulla non contestabilità del dato recato in bolletta, sicché l’utente conserva il relativo diritto di contestazione e il gestore è tenuto a dimostrare il corretto funzionamento del contatore centrale e la corrispondenza tra il dato fornito e quello trascritto nella bolletta, senza che spieghi, all’uopo, influenza la scelta dell’utente di non chiedere il controllo del traffico telefonico, richiesta funzionale, in concreto, al conseguimento di finalità differenti.
Può quindi affermarsi che, nei contratti di somministrazione caratterizzati dalla rilevazione dei consumi mediante contatore, la rilevazione dei consumi è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità.
In caso di contestazione dei consumi da parte del somministrato, grava sul somministrante l’onere di provare che il sistema di rilevazione dei consumi (ovvero il contatore) fosse perfettamente funzionante, mentre grava sul fruitore l’onere di provare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con una diligente custodia dell’impianto ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore ovvero determinare un incremento dei consumi.
Se questi sono gli elementi rilevanti della fattispecie concreta, ed i principi ad essa applicabili, di essi non ha fatto corretta applicazione la corte d’appello laddove ha ritenuto che era la parte opponente che dovesse dare la prova della inesattezza dei calcoli eseguiti dall’opposta.
Ciò per un duplice ordine di motivi.
In primo luogo, in generale, all’interno dei contratti di somministrazione in cui il consumo sia contabilizzato con sistema a contatore, è il somministrante che deve dare la prova del regolare funzionamento del contatore stesso (o del suo malfunzionamento che ne ha reso necessaria la sostituzione, come nella specie) in caso di contestazione laddove il somministrato è gravato dall’onere di provare che i consumi eccessivi riportati da un contatore funzionante siano dovuti a cause esterne alla sua volontà ed a lui non imputabili.
A ciò si aggiunga che laddove, come nel caso di specie, la prova tecnica di funzionamento (pur richiesta dal somministrato – opponente al decreto ingiuntivo) non possa essere esperita a causa del comportamento del somministrante (che ha provveduto alla sostituzione del contatore al di fuori del contraddittorio e lo ha eliminato, impedendo ogni verifica tecnica), non può addebitarsi al somministrato -opponente come nella motivazione della corte d’appello, la mancata prova dell’inesattezza dei calcoli eseguiti dall’opposta.
In una situazione in cui il ricalcolo dei consumi sia avvenuto, da parte dell’azienda somministrante, dopo la sostituzione di un contatore avvenuta al di fuori del contraddittorio e del quale la stessa non dispone più e quindi sul cui corretto funzionamento o meno non possa più essere svolto alcun accertamento (seppur richiesto dalla società ricorrente) ed in cui il contenuto della prova liberatoria non concerna la mancata fruizione della prestazione, o la sorveglianza esercitata sull’immobile ove veniva erogata la prestazione, ovvero la prova che la stessa non fosse stata fruita da terzi nel periodo in discussione, bensì la prova del funzionamento dell’impianto di verifica e controlli dei consumi, non può ricadere sul fruitore della prestazione l’impossibilità di fornire la prova tecnica del corretto funzionamento del contatore sostituito (e quindi dei consumi originariamente rilevati) perché la stessa non è più fornibile per fatto stesso di chi su questa prova aveva la facoltà di controllo, ovvero del somministrante.
L’impossibilità di fornire la prova tecnica liberatoria, ovvero la prova che il contatore sostituito non fosse mal funzionante a vantaggio del fruitore della prestazione, se è determinata dal comportamento del creditore, che ha sostituito il contatore senza dar modo al debitore di verificarne il malfunzionamento al momento della sostituzione, e lo ha distrutto o comunque reso non più suscettibile di verifica in corso di giudizio, non può che andare a discapito del creditore, che a questa situazione ha dato causa mettendo il debitore nell’impossibilità di fornire la prova liberatoria, per il caso che ne fosse gravato.
Il ricorso va pertanto accolto in riferimento al secondo motivo, rigettato il primo, assorbito il terzo e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che deciderà anche sulle spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, assorbito il terzo.
Cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che deciderà anche in ordine alle spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 12 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 22 novembre 2016.